La durata media dei matrimoni in Italia è di diciassette anni e l’età dei coniugi interessati è di 48 anni per gli uomini e 45 per le donne. I dati che emergono da questa recente inchiesta confermano che della indissolubilità del matrimonio non restano che lontani e mitologici ricordi. Non di meno è questo un tema di cui sempre frequentemente si dibatte anche se, va detto, per questioni non propriamente finalizzate a preservare oppure a rivalutare la famiglia quanto piuttosto per le vicende economiche correlate alla rottura del legame coniugale.
In questi giorni, ad esempio, le cronache si sono occupate della tutt’altro che divertente vicenda il cui protagonista è un noto comico televisivo il quale versa in evidente condizione di indigenza causata, a suo dire, dal serrato conflitto con la moglie separata la quale gli avrebbe “pignorato tutto” ciò che possedeva. Contrariamente da tanti altri che come si sa versano nella stessa condizione, la notorietà dell’interessato, a prescindere dalle ragioni dello stesso delle quali non è dato di avere né certezza né contezza, ha contribuito alla divulgazione di un caso che, per quanto ci riguarda, è utile a documentare come sempre più frequentemente ciò che resta dopo la crisi di una coppia è la guerra che gli ex coniugi mantengono viva, talvolta anche utilizzando come armi improprie i figli. In definitiva, le separazioni coniugali oltre ad essere in aumento, risultano sempre più conflittuali al punto che il fenomeno viene considerato come una vera e propria emergenza innanzitutto per la tutela dei figli, ma per il profilo economico come nel caso di cui si è detto. D’altra parte non si può certo sottovalutare una problematica che riguarda in larga misura gli oltre 90.000 separati (91.706 stando all’ultima rilevazione del 2015) e i circa 82.000 (82.469 stando all’ultima rilevazione del 2015) divorziati e che, in concreto, implica la disgregazione della famiglia.
Un evento, quest’ultimo, quasi sempre lacerante che talvolta, purtroppo non di rado, assume proporzioni drammatiche come abbiamo spesso avuto modo di verificare quando vi è la presenza di figli in tenera età contesi dai genitori e da questi manipolati per brama di vendetta nei confronti dell’ex coniuge.
E’ peraltro noto che la sindrome di alienazione genitoriale, pur non essendo esclusiva dei figli di genitori separati, è prevalentemente diffusa tra questi e, nel particolare, consiste in un sistematico screditamento di un genitore nei confronti dell’altro con il quale frequentemente i rapporti vengono anche interrotti. Negli ultimi anni sono state promulgate talune riforme legislative che hanno accelerato le procedure di separazione e divorzio, istituendo forme alternative da quella giudiziaria. Ci si può separare o divorziare in Comune oppure attraverso la negoziazione assistita, vale a dire con propri avvocati di fiducia. Non si tratta di interventi di poco conto poiché gli stessi hanno effettivamente contribuito ad un alleggerimento del carico dei Tribunali notoriamente ingolfati.
Il punto centrale tuttavia resta quello di capire in quale modo si può effettivamente conseguire un risultato utile a ridurre anche le ostilità.
I recenti approdi giurisprudenziali in materia di assegno di mantenimento hanno senz’altro avuto un rilievo positivo, ma in un ordinamento giudiziario come quello italiano nel quale le sentenze possono risultare contrapposte da un Tribunale all’altro, sarebbe auspicabile un intervento di riforma sostanziale del diritto di famiglia considerando l’elevato scadimento di qualità di quello attuale e prendendo in considerazione, in primo luogo, la possibilità di introdurre accordi pre-matrimoniali. Nel frattempo non resta che rimetterci alle sagge decisioni di alcuni Giudici come quello milanese che, chiamato a decidere su una controversia promossa da due genitori, ex coniugi, che non trovavano un accordo sulle vacanze dei figli, ha fissato l’udienza per discutere la questione dopo le vacanze, così da costringere i litiganti ad accordarsi da soli.